Cosa cambia tra il 'nuovo regime' e quello precedente?

In generale, le modifiche contenute nella bozza di decreto che è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 16 ottobre 2023 vanno nella direzione di comprimere in misura significativa i benefici fiscali e di stabilire requisiti più stringenti per l'accesso al regime di favore oggi vigente (e disciplinato dalle norme di cui all'art. 16 del D.Lgs. 147/2015 e dagli artt. 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del D.L. 34/2019 che sarebbero abrogate con decorrenza del 1 gennaio 2014).

Rimarrebbe immodificato il regime applicabile a docenti e ricercatori (disciplinato dall'art. 44 del D.L. n. 78/2010). Il previgente regime rimane applicabile ai soggetti che hanno conseguito la residenza fiscale in Italia entro il 31 dicembre 2023.

In primo luogo, si prevede che il reddito da lavoro dipendente o assimilato e i redditi da lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che ivi trasferiscono la loro residenza fiscale concorre alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 50% del relativo ammontare.

Tuttavia, questa esclusione dalla formazione del reddito imponibile vale solo sino al limite massimo di Euro 600.000 annui.

Si registra, quindi, una riduzione della percentuale del reddito che è esclusa da imposizione che si riduce dalla previgente percentuale ordinaria del 70% a quella del 50% e – ancora più significativamente – si stabilisce un tetto massimo di reddito che gode dell'esenzione. Inoltre, viene a mancare l'ulteriore riduzione nel caso di trasferimenti della residenza nelle regioni del Sud Italia, attualmente pari al 90%. Per quanto riguarda la durata, il regime di favore risulterebbe applicabile per soli 5 periodi di imposta, senza facoltà di proroga per ulteriori 5 periodi di imposta, come oggi invece previsto per chi acquista una abitazione in connessione al trasferimento di residenza in Italia o per chi abbia almeno un figlio a carico minorenne.

Il regime di esclusione da imposizione è applicabile subordinatamente al verificarsi di specifiche condizioni.

Il lavoratore che si trasferisce in Italia non deve essere stato fiscalmente residente in Italia nei tre periodi d'imposta precedenti il trasferimento e si deve impegnare a rimanere fiscalmente residente in Italia per almeno 5 anni. Il precedente regime prevedeva che il lavoratore fosse stato residente all'estero per due periodi di imposta e non per i tre ora previsti. La nuova norma pone poi un più lungo vincolo di permanenza minima in Italia da parte dei contribuenti che beneficiano della disciplina di favore. Qualora tale periodo minimo non sia rispettato, scatta un meccanismo di recapture. Il lavoratore decade dai benefici e l'Amministrazione finanziaria provvede al recupero di quelli già fruiti con applicazione delle relative sanzioni e interessi.

Elemento di novità è rappresentato dal fatto che l'attività lavorativa in Italia deve essere svolta in virtù di un nuovo rapporto di lavoro con un soggetto diverso da quello presso il quale il lavoratore era impiegato all'estero prima del trasferimento, nonché da quelli appartenenti al suo stesso gruppo.

L'attività lavorativa deve essere prestata per la maggior parte del periodo d'imposta in Italia, elemento importante se si considerano i crescenti fenomeni di smart working nel contesto dei quali un soggetto potrebbe aver trasferito la residenza fiscale in Italia contraendo un nuovo rapporto di lavoro con una società Italiana, ma di fatto continuando a prestare parte della sua attività lavorativa dall'estero.

Da ultimo, la platea di lavoratori ammessi al beneficio è ora ristretta ai soggetti che sono in possesso di requisiti di "elevata qualificazione" o "specializzazione" (dal D.Lgs. n. 206/ 2007 e D.Lgs. n. 108/2012). Tali requisiti sono normativamente definiti per le professioni regolamentate e per coloro che sono titolari di un titolo di istruzione superiore (una laurea che attesti un percorso di almeno tre anni) rilasciato da una istituzione riconosciuta nel paese in cui è stato consegnato e di qualifica professionale superiore rientrante nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), livello 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e livello 3 (professioni tecniche) della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011. Salvo modifiche o chiarimenti, rimarrebbe quindi esclusa la categoria degli sportivi professionisti, quali i calciatori, che negli ultimi anni hanno potuto apprezzare gli effetti del beneficio.

Probabilmente è ancora presto, tuttavia è sicuramente già possibile tratteggiare delle prospettive: si prevedono ricadute positive o negative a fronte delle modifiche introdotte?

Il ridimensionamento dell'effetto premiale derivante dal combinarsi della riduzione della misura di esclusione dal reddito imponibile, dell'inserimento di un tetto massimo di reddito agevolabile e della durata limitata a cinque anni riduce di molto l'attrattività del regime e rischia di annullare in molti casi la capacità della norma di attrarre in Italia lavoratori altamente specializzati e qualificati. L'inserimento del tetto massimo di reddito agevolabile è una limitazione significativa, anche avendo a mente che la finalità è di attrazione delle eccellenze e che il rientro in Italia potrebbe associarsi a costi di trasferimento o in alcuni casi a revisioni del pacchetto retributivo.

A prescindere dalla valutazione di convenienza che potrà essere operata dal singolo lavoratore, la stretta operata in relazione ai requisiti per l'accesso al regime riduce in maniera significativa la platea di contribuenti che potranno accedere al regime agevolativo in parola.

Appare evidente che molte delle modifiche dei requisiti hanno finalità antielusiva ed intendono prevenire comportamenti opportunistici da parte dei contribuenti. Nella prospettiva della tutela del gettito, la parte delle modifiche connesse all'allungamento del periodo di non residenza in Italia in via antecedente al rientro e l'inserimento di un periodo minimo di permanenza potrebbero forse risultare comprensibili. Altri aspetti invece risultano eccessivamente penalizzanti e non sembrano coerenti con la finalità della norma. Mi riferisco, in particolare, alla condizione per cui risulterebbero agevolati i soli soggetti che rientrino in Italia a fronte di un nuovo contratto di lavoro stipulato con un nuovo datore di lavoro, diverso da quello con il quale si intratteneva il rapporto lavorativo all'estero ma anche estraneo al gruppo al quale appartiene l'originario datore di lavoro all'estero. Questa condizione è molto forte se si considera che il trasferimento di residenza in Italia potrebbe ben essere da agevolare anche qualora il lavoratore mantenga il rapporto con società appartenenti al gruppo dell'originario datore di lavoro e modifichi la sede lavorativa collocandola effettivamente in Italia. Peraltro, questa condizione conduce a constatare che al soggetto rimpatriato sia precluso a priori un percorso di carriera nell'ambito di uno stesso gruppo, elemento non necessariamente coerente con la normalità di molti percorsi di crescita che hanno inizio al di fuori dell'Italia e che potrebbero poi proseguire in Italia conseguendo proprio il fine della norma, cioè consentire il rientro di eccellenze.

La coesistenza di un chiaro intendimento di recupero del gettito, da un lato, e la volontà di arginare comportamenti opportunistici, dall'altro, ridimensiona drasticamente un regime che, nel tempo, ha indubbiamente favorito il rientro in Italia di eccellenze e che ha avuto effetti positivi sul piano sociale ed economico, comportando arricchimento del capitale umano ma anche di afflusso di risorse finanziarie e creazione di un indotto virtuoso per il Paese. Penso al settore immobiliare che – non solo nelle grandi città – ha registrato importanti effetti benefici connessi all'incremento della domanda (anche connessa alla possibilità di beneficiare dell'estensione quinquennale che era trainata dall'acquisto di una abitazione) ed alle nuove capacità di spesa dai soggetti rientrati, effetti che come noto si sviluppano su molteplici livelli e in seno ad una ampia filiera producendo un gettito significativo. Mi riferisco poi all'incremento registrato nella domanda di molti servizi alla persona quali istruzione, cura, ospitalità e in generale ciò che è connesso al mondo del leisure. Ma anche servizi bancari, assicurativi o di wealth management. Tutti settori per i quali valgono le stesse considerazioni. E ci sarebbero molti altri esempi.

La domanda che dunque sorge è se – ferma l'introduzione di presidi da contrapporre ai tentativi a eventuali forme di arbitraggio o abuso – non ci potesse essere spazio per un mantenimento degli aspetti premiali, a beneficio del sistema e non solo dei singoli. Con il ridimensionamento operato, possiamo attenderci una significativa riduzione del numero delle persone che rientreranno in Italia nel prossimo futuro. Questo salvo voler scommettere sulla capacità di attrazione del nostro Paese anche in assenza di incentivi fiscali. Annullare l'interesse per il regime potrebbe tradursi dunque nella perdita delle entrate dello Stato che esso complessivamente generato – sicuramente pensando al relativo indotto – conseguendo esattamente mio parere un risultato opposto a quello della tutela delle entrate tributarie.

Quali sono le principali criticità che i contribuenti che intendono aderire al regime devono tenere in considerazione?

I giorni immediatamente successivi all'emanazione della bozza di decreto sono stati caratterizzati da commenti a caldo e da notizie ufficiose, lasciando al contribuente molti aspetti di incertezza circa la reale portate delle modifiche.

Un primo aspetto riguardava in particolare la decorrenza del nuovo regime. La prima stesura della norma indicava che il regime si applica ai soggetti che conseguono la residenza "fiscale" in Italia a decorrere dal periodo d'imposta 2024. Secondo l'originalità formulazione, le previgenti disposizioni – e quindi il ben più favorevole regime – avrebbero continuato ad applicarsi ai soggetti che avessero conseguito la loro residenza fiscale (e non quella anagrafica) in Italia entro il 31 dicembre 2023.

Così configurato il passaggio dal vecchio al nuovo regime, emergeva immediato il problema dei lavoratori che si sono trasferiti in Italia nella seconda metà del 2023 e che, quindi, non avrebbero conseguito la residenza "fiscale" in Italia nel medesimo anno per assenza del requisito temporale. Questi soggetti si sarebbero potuti trovare nella paradossale situazione di essersi trasferiti contando sull'attuale regime per poi scoprire non solo di poterne godere ma anche di non poter nemmeno beneficiare del nuovo regime, ad esempio perché non soddisfano i requisiti di accesso in punto di permanenza all'estero per il maggior periodo di tre anni. Emergeva parimenti il problema dei lavoratori che avevano già concretamente pianificato il rientro nel corso del 2024 e che avevano già posto in essere quanto prodromico al rientro. Tutti soggetti che avevano fatto legittimo affidamento sul vigente regime e che rimanevano spiazzati dall'intervento.

La bozza di decreto è stata dunque oggetto di modifica in corsa per consentire l'applicazione dell'attuale regime a tutti i soggetti che trasferiranno la residenza "anagrafica" in Italia entro il 31 dicembre 2023. Le modifiche hanno inoltre riguardato gli sportivi professionisti, per i quali il precedente regime rimane applicabile per i contratti di rapporto di lavoro sportivo stipulati entro il 31 dicembre 2023. Le modifiche costituiscono un apprezzabile tentativo per arginare gli effetti negativi in termini di credibilità del nostro sistema tributario. Meglio ancora sarebbe posticipare la decorrenza a partire dal 2025, consentendo una ordinata pianificazione da parte degli interessati ma non si è andati in quella direzione. Andranno comunque valutate le relative modalità applicative in relazione alle quali gli sviluppi della prassi andranno attentamente monitorati.

In che modo il ruolo del consulente può essere determinante ai fini dell'adesione al regime?

Ci troviamo a commentare una norma che incide su scelte di vita sin qui operate da una vasta fetta della popolazione e su quelle che potranno in generale essere operate in futuro. In questo momento, il contesto è complicato dal fatto che abbiamo a disposizione una norma, che nel suo testo attuale ha effetti restrittivi significativi Sarà importante la capacità di valutare tempestivamente il mutato quadro di riferimento per calarne gli effetti in relazione alla singola posizione. L'auspicio è che non siano imposte ai contribuenti scelte importanti in un contesto di poca chiarezza di indirizzo. L'Italia ha tutte le potenzialità per far crescere il sistema Paese e creare poli di eccellenza umana ed economica e questo richiede scelte di politica economica di lungo periodo ed interventi di carattere legislativo che assicurino credibilità e, possibilmente, certezza di punti di riferimento.

Originally published by We Wealth.

The content of this article is intended to provide a general guide to the subject matter. Specialist advice should be sought about your specific circumstances.