Ritenute fiscali in materia di appalti: Novità in caso di somministrazione di lavoro

Si torna a parlare di contratti di appalto ed impatto delle nuove norme, recentemente introdotte, sui rapporti di lavoro.

Infatti, il nuovo meccanismo di controllo sulle ritenute fiscali negli appalti privati, introdotto recentemente dall'art. 4 del Decreto Fiscale 2020 (Decreto Legge 26 ottobre 2019, n. 124 convertito con Legge 9 dicembre 2019, n. 157), è stato oggetto di forti critiche soprattutto in merito alla attuazione pratica nonché alla definizione del perimetro di applicabilità delle nuove norme.

Con la Circolare 1/E del 12 febbraio 2020, l'Agenzia delle Entrate ha voluto fornire una interpretazione esaustiva dell'art. 17-bis del Decreto Legislativo 241/1997, come introdotto dall'art. 4 del Decreto Legge 124/2019, per rispondere ai vari dubbi emersi in vista dei nuovi adempimenti a carico delle aziende.

I primi chiarimenti riguardano l'ambito di applicazione della norma. Sul piano soggettivo sono da escludersi innanzitutto i condomini, in quanto non detengono in qualunque forma beni strumentali, e gli enti non commerciali, sia pubblici che privati. Di maggior rilievo appare tuttavia l'esclusione dall'ambito di applicazione delle agenzie di somministrazione. La Circolare, sul punto, chiarisce che non sono soggetti ai nuovi adempimenti in materia di verifiche sulle ritenute fiscali negli appalti i contratti di somministrazione di lavoro, in quanto si caratterizzano per la circostanza che l'agenzia di somministrazione autorizzata «mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell'interesse e sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore». Viceversa, rientrano nella nuova normativa tutte le ipotesi di somministrazione illecita di lavoro.

Maglie strette invece sulle cosiddette "catene di soggetti" (ossia sui contratti di appalto caratterizzati da una struttura articolata, che preveda un sub-appalto a soggetti terzi). Infatti, nell'ambito dei rapporti "a catena" ciascun soggetto che rivesta il «ruolo di committente» (e quindi il committente nei confronti dell'appaltatore e del subappaltatore e l'appaltatore nei confronti del subappaltatore), dovrà rispondere dei nuovi adempimenti.

Per verificare l'applicazione della nuova disciplina su un piano oggettivo, la norma individua diversi presupposti che devono sussistere congiuntamente. Occorre anzitutto prendere come riferimento l'affidamento ad un'impresa del compimento di opere o servizi che deve avvenire tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati. Inoltre, è necessario che il loro importo complessivo annuo sia superiore a 200.000€. Ai fini del computo della predetta soglia -precisa la Circolare- si farà riferimento a tutti i contratti in essere, alle eventuali modifiche contrattuali sopraggiunte nonché a tutti i nuovi contratti stipulati nell'anno solare con ciascuna impresa. L'obiettivo evidente è evitare aggiramenti della soglia mediante il frazionamento artificioso degli affidamenti.

Gli affidamenti dovranno inoltre essere caratterizzati dal prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma.

A tal fine, deve essere innanzitutto verificato se l'utilizzo della manodopera sia prevalente (cd. labour intensive). Questo fenomeno riguarda maggiormente i settori della logistica, dei servizi alle imprese, nonché i settori alimentare e meccanica. La Circolare tuttavia va oltre e chiarisce che il concetto di manodopera ricomprende tutte le tipologie di lavoro, manuale e intellettuale. Pertanto, le società che forniscono servizi di natura intellettuale, ad esempio consulenza, rientrano a pieno titolo nel nuovo adempimento.

È richiesto poi che l'attività sia svolta presso le sedi di attività del committente (quindi endo-aziendale). Sul punto, la Circolare ha fornito una interpretazione piuttosto ampia della definizione di sede, che ricomprende non solo la sede legale o le sedi operative, ma anche «gli uffici di rappresentanza, i terreni in cui il committente svolge l'attività agricola, i cantieri, le piattaforme e ogni altro luogo comunque riconducibile al committente destinati allo svolgimento dell'attività d'impresa». Alla luce di quanto sopra, le sedi di attività del committente coinciderebbero con tutte le sedi destinate allo svolgimento della sua attività imprenditoriale o professionale.

L'ultimo requisito che deve sussistere ai fini dell'applicazione della nuova normativa è che l'attività sia svolta con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma. La Circolare chiarisce che è in ogni caso necessario che i beni strumentali necessari per l'esecuzione della specifica opera o servizio commissionati non siano esclusivamente riconducibili a qualunque titolo giuridico, agli appaltatori, ai subappaltatori, agli affidatari e agli altri soggetti che hanno rapporti negoziali comunque denominati. Pertanto, qualora i lavoratori utilizzino i beni strumentali riconducibili a predetti soggetti, l'occasionale utilizzo di beni strumentali riconducibili al committente o l'utilizzo di beni strumentali del committente, non indispensabili per l'esecuzione dell'opera o del servizio, non comportano il ricorrere della condizione di applicabilità in esame.

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